di Paolo Veronese da Toscolano-Maderno
Si inietta già nell’oscuro un chiarore opaleggiante, di brillii sfuggiti a gemme oltre l’orizzonte, mentre il telaio degli astri ancora troneggia sulle teste, giocando a dadi coi destini. Una luce fioca e schiumosa, s’affanna a schiudersi nella foschia che biancheggia a marcare il confine, tra oceano e cielo, lago e cosmo, umano e sovrumano. Scricchiola qualche nota sotto l’archetto, si palpa l’umido dell’aria, raschia la sabbia un sonnambulo che s’aggrega alla compagnia, siede fra i pochi accoliti, ha le mie scarpe, il mio cappello, gli occhiali tondi come Joyce: ascolta un po’ rumori rarissimi, pizzichii, ronzii, bisbigli di voci attente a non offendere il sole, che non ci ripensi e sorga d’altra parte… Odo lontano lo sferragliare di un camion sulla strada vuota, merli che accennano versetti, usignoli, oh, ce ne saranno mai? Ciondolo la testa a destra e manca, ho lo sbadiglio facile e voglia di caffè. Qualcuno che metta una moka sul fuoco ci vorrebbe, come nei film western.
Va e viene un violoncello, un fagotto, un oboe, un non-so-che, che bella idea venire qui a sfidare il sacro sonno, per ritrovarsi con il pietrisco nei piedi a respirare le sigarette che qualcuno ha acceso. Speriamo, non c’era un’arpa? Oh eccola, già in posizione a dominare la scena, e l’arpista sarà quella tizia rossa dai capelli lunghi, presumo, sono sempre ragazze bellocce dai capelli lunghi a scegliersi uno strumento impegnativo e grande come un armadio.
Le dita bianche ora attaccano una strofa incantevole, s’interrompono, lo sguardo si muove intorno a osservare, cerco di incontrarne gli occhi, fra le ciglia pesanti di stanchezza, ma è lontana, cosa importa, lasciala pizzicare.
Qualche insetto s’aggira in ampie curve, svanisce come una scintilla. Sarà sfuggita al fuoco, forza che sale il caffè e poi si fa colazione e di nuovo in sella.
Intanto l’aurora ha segnato metà della volta e tutto deve trovare il suo senso in questa messinscena. Veloce, raddrizza la cravatta e metti il leggio che sia stabile, gli spartiti, tutto in ordine? E vai, ancora un attimo e si intona il motivetto. L’arpa è in ansia, dev’essere in calore! ridacchia. E scuote la matassa di capelli all’indietro, dalle ampie maniche di una tunica smeraldo compaiono braccia finissime, eburnee, quasi irreali.
In quel preciso istante, verso le cinque incirca, apro il frigo, prendo il latte per colmare un bel bicchiere e berlo tutto di filato e gelato. Fra le persiane indovino ancora il buio, la notte che sta cedendo spazio all’alba, c’è l’ululo dei coyote e della civetta e l’amore dei gatti, non si fanno presenti le cicale; qualcuno sulla spiaggia attende il sole, la musica, la fusione di tutto in un quadro impressionista. Slam!
Bevo di gola, appoggio sul lavabo il vetro. Peccato però, fossi andato alla spiaggia avrei scoperto se qualche nota della fantasia sia scivolata nella realtà.
Paul
Fotografie del dott. M. Cazzato PhD
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