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Sapere del tè


di Paolo Veronese


Non la mia sapienza, né la rabbia,

né l'odio né l'amore né il baccano

dentro la testa colmerà la tazza

del mio tè. La gabbia

del sensibile ignora la misura

oltre cui l'acqua trascolora e assume

sapore e sostanza,

o il confine cui traboccano

parole e suoni, sulle labbra umide

di dubbio di emozioni di scartoffie

dove la mente accumula e strappa

la vita. Essa è in sé,

compiuta dal versare quieto liquido

la mia tazza del tè,

non un sorso non un respiro muta

l'essersi composta, e offerta a bocca

che altro non può che dare assenso al gusto

di esperire il corpo imprendibile

dell'aroma, bere o non bere, intanto

nei fumi si intravvedono fortune,

fili che danzano, gettano calore

nel freddo attorno.

Bere non bere odiare amare o solo

ignorare o sapere

- tutto so o non so,

il futuro e il passato,

forme riflesse, ombre indovinate -

e poi soltanto un te


solo piatte figure che sbiadiscono

nei vapori notturni, al vento fresco

raccolto nel cappotto un po' di fiato

Il sapere del tè, e

versi che pronuncio come oracoli

che subito

svaniscono.


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