di Paolo Veronese
Scomparirò oltre quel muro che le crepe e gli anni hanno sorretto,
ai piedi dell’erba già strina d’estate, a quelle chiazze di cemento
che lo rattoppano.
Il pietrisco ruvido e l’edera che divora la calceeee,
sparirò e sarà solo un’ombra che sfugge nelle infinite che ha incontrato.
Scomparirò nel respiro dei pini, che la sera ventosa fa danzare macabri
e neri di tenebra,
e neri di lupi
e gonfi di resina, folli nelle chiome.
Scomparirò fra le conchiglie, che la sabbia salata ha raccolto dell’urlo
vorace dei marinai, dalla chiglia di navi in frantumi, e vecchie reti
innervate di nodi e fetide di pesca lasciate ai randagi.
Nella rada, via…
Col primo vento del mattino, la bocca schiumosa di sonno, aspra
di poesia morta, la lingua tagliata ha impastato sangue e parole
.-così è meglio smarrirsi, le tracce dei piedi ferme ad un punto-
…
Non più? E come mai essere stati, discepoli della bellezza, come cocci
di un vino evaporato –
In istanti sì, dove brillava la luna sopra il miraggio
di un cielo da toccare
Scomparirò oltre l’antico della memoria e il nuovo negli occhi,
sottile fino ad adagiarmi sull’orizzonte.
Un barattolo di cianfrusaglie foto e carte, lo lascio a voi, alla cenere
del vento.
18 VI 24
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