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Immagine del redattoreArtificioſa Rota

Soffiavamo nel vento

di Paolo Veronese da Maderno


Soffiavamo nel vento quei bulbi setosi

e per gioco spandeva il seme di tarassaco la vita delle vite, animule liberate in volo


Noi come api inconsapevoli toccavamo ogni destino,

sulla pelle il graffio dell'infanzia che brucia

come erba d'estate.


Chi indovina nel breve dolore, lenito di soffio e saliva

il sangue più antico emergere alla superficie,

dirci vivi? dirci senso -


Se la pelle ci è cara, come sanno i baci e le carezze,

se nel fischio del treno il viaggio è già concesso,

noi non siamo che funamboli sulla linea del tempo, caschiamo per gioco


e nelle ali dei vivi e dei morti afferriamo a pena

quella voce che si propala, cessa e ricomincia,

grida o canta la scommessa del sangue, la terra

e la radice:


noi è un fare antico, un oracolo scritto

al principio e precipizio del mondo


il pellegrino Adamo è intreccio di argilla e fuoco

che per miracolo si fanno carne e voluttà,

voglia e peccato, catena di nomi.


Noi fischiavamo I soffioni nel vento

senza sapere di ogni destino toccato,

solo per gioco, e qualche pugno preso e dato

amore e sfida che si ricuce e rivela

la vena che pulsa, la vita che vive.



Andrew Wyeth, Wind from the Sea, 1947, tempera on hardboard 47 cm × 70 cm (181⁄2 in × 279⁄16 in), National Gallery of Art, Washington, D.C.

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